A cosa facciamo riferimento quando parliamo di corpo? Pensando al corpo ci si riferisce a ciò che si percepisce, si tocca. Il corpo è biologico, è un dato di fatto. Eppure, se immaginiamo cosa la distanza abbia potuto significare durante il lock down, serve entrare nel merito di come parliamo del corpo, di come lo usiamo a partire da segni, simboli, valori e credenze legati a contesti normativi e culturali. Il corpo si può considerare come un prodotto sociale, costruito nell’interazione. Serve condividere un linguaggio comune al quale appellarci per definirlo. Ad esempio il corpo assume un significato diverso per una ballerina e per un chirurgo. Sono i ruoli ad orientare l’uso del corpo.
Sulla didattica a distanza si è rinegoziato il significato del corpo e della distanza fisica. Siamo stati costretti a viverci dietro uno schermo. Le relatrici, la dott.ssa Neri e la dott.ssa Mainardi hanno invitato i partecipanti ad uscire dalla dicotomia pessimismo – ottimismo quando si parla della didattica a distanza. Si parla di intreccio tra mondo online e offline e di come, entrambi in vario modo, contribuiscono a costruire le identità soggettive e culturali. Ad esempio, spesso le conversazioni nascono offline e proseguono online, si tratta di un continuo negoziare le rappresentazioni che ciascuna persona offre. Gli insegnanti; i genitori; i ruoli adulti in generale sono chiamati a conoscere come i giovani usano la rete, per poterli coinvolgere sempre di più.
La costruzione dell’immagine del sé è un processo biografico in continua definizione. Anche sul digitale, ad esempio si ha cura della scelta dell’immagine della foto profilo. Le relatrici mettono in evidenza come le ragazze, ad esempio, definiscono la scelta dopo un confronto con le amiche. Non è una scelta casuale, si anticipano l’immagine che vogliono dare.
I gruppi sono stati avviati a partire dalla domanda: Come queste riflessioni possono essere spunto per la costruzione della didattica a distanza?
Punti di vista diversi
Anna, circense e acrobata; Sandro, curioso e interessato all’argomento; Bruna, socia dell’associazione Epimeleia ed esperta della tematica di un uso consapevole del web… loro sono stati i tre interlocutori. Ognuno ha portato la propria esperienza, diversa da quella dell’altro, e per questo stimolante. A partire da ambiti distinti ognuno di loro ha offerto una personale rappresentazione su cosa sia la distanza e su come questa viene vissuta.
Ognuno ha portato il proprio punto di vista, e durante il dialogo siamo riusciti ad unire le fila e a tessere una ragnatela comune.
Intrecci di esperienze
Anna ci ha raccontato che usa il corpo come mezzo di espressione artistica: lo allena, usa la tecnica ed insegna a persone dai 3 anni in su! Per lei il periodo di lock down è stato un esperimento, poter mantenere anche a distanza la relazione con le famiglie e le sue allieve e allievi. Ha usato questo periodo per consentire loro di creare in autonomia. Ha evidenziato la difficoltà di creare e mantenere questa nuova modalità, seppur, dice ‘ non escludo si possa rifare’.
Sandro, invece, sosteneva l’idea che la scuola online non esiste, non si può fare didattica dietro uno schermo, non si può insegnare. Ha messo poi in evidenza l’importanza di essere creativi, e qui si ricongiunge con Anna: serve inventarsi nuovi modi.
Bruna racconta così di come i ragazzi creino le relazioni anche attraverso il web, spendono molto tempo online, e per loro è un mondo in cui vivono. Diventa uno spazio per costruire insieme.
Punto di incontro: Creare creativamente
Quindi ciò che è emerso è come sia necessario dare importanza al singolo, ricordarsi che ognuno ha i propri bisogni. Creare creativamente, condizioni di insegnamento a distanza che mantengano la relazione tra chi insegna ed impara. In un rapporto reciproco che non faccia dimenticare che dentro la molteplicità, c’è l’unicità di ognuno.
Inoltre, ricordandoci quanto portato dalle relatrici: il corpo, la distanza sono contenitori entro i quali possiamo inserire diversi significati. Per una scuola a distanza serve quindi rintracciare il significato che gli alunni e le alunne danno alla realtà virtuale. Per quanto genitori, insegnanti, adulti facciano fatica a riconoscere tale realtà come vivibile, è l’acqua dentro la quale nuotano i giovani.
Come è emerso dal gruppo di dialogo: serve creatività. E tale creatività si ottiene ripercorrendo le strade dei nostri allievi e delle nostre allieve, andandoci incontro e immergendoci con loro.
Il gruppo è partito da posizioni diverse, ognuno con il suo bagaglio di esperienza. Siamo arrivati alla fine del nostro dialogo con una posizione comune:
considerare i significati, i valori, i bisogni che ogni alunna e alunno porta con sé, questo è il canale per entrare in relazione, in qualsiasi dimensione, virtuale o meno. Non dimentichiamoci che dentro la molteplicità ci sono i singoli.