Essere corpo on-line
§. Mentre voi parlavate mi è venuto in mente Arthur Shopenhauer il quale dice che “il corpo è la volontà resa visibile” e allora a partire da questa cosa facevo una mia considerazione: in effetti quando io sono in classe con i miei ragazzi, il corpo dei miei alunni ma anche il mio mi dice tanto. Mi dice se sono insofferenti, mi dice se sono annoiati, poi c’è tutta la mia gestualità che chiaramente dice a loro delle cose.
E allora se c’è una cosa che a me è mancata durante la DAD è stata proprio questa corporeità, perché per quanta gestualità possa usare davanti a un monitor non è mai quella che io utilizzo quando sono in classe. Io non riesco a stare ferma, in classe io mi muovo continuamente, mi alzo, accendo la LIM, invece quando ho fatto lezione a casa sono stata costretta a stare così come i miei alunni ferma davanti a un monitor.
E’ come se il mio corpo fosse stato obbligato a mantenere una posizione obbligata che non mi è abituale. E quindi la sintesi che c’è tra volontà e corpo in qualche modo è stata un poco quasi sdoppiata, perché il mio corpo era costretto a stare in un certo modo, la mia volontà voleva in qualche modo estraniarsi.
{}. Dicevi il corpo in classe mi dice tanto, e anche io come te mi muovo tanto, gesticolo tantissimo. Anche ora faccio fatica a stare ferma e guardare solo la telecamera, ma sposto lo sguardo per cercare il vostro. E mi chiedevo se il corpo effettivamente non c’è o come suggerivi sta su un canale differente: c’è il mio, che sento -sento il sudore, la fatica, le palpitazioni dell’emozione di parlare con voi- e c’è anche quello degli altri e delle altre che vedo osservo e in qualche modo interpreto.
Ad esempio in un gruppo che ho facilitato per diversi mesi su zoom tante volte ci siamo interrogati su come stavamo vivendo quello spazio, quali lenti stessimo usando per guardarci e comprenderci. E abbiamo cercato di immaginare degli stimoli che ci facessero mantenere una relazione fisica, con gli altri e anche con sé stesse e sé stessi, anche banalmente fare degli esercizi di ascolto della musica o avere del materiale da manipolare, per cercare il più possibile di tenere caldo quell’ambiente e ascoltare le nostre esigenze.
§. Mi hai provocato questo pensiero: tutte le mattine, tutte le volte che entravo in chat con le varie classi, i ragazzi accedevano alla piattaforma e trovavano un sottofondo musicale. I primi giorni ero io a scegliere, in base al mio estro o sentire della mattinata. Poi invece ogni classe ha cominciato a fare le proprie inchieste di musica, che a volte mi sbalordivano! Perchè a me piace Bob Marley, appartiene alla mia giovinezza, ma che i ragazzini di oggi lo conoscano.. mi ha fatto piacere. E’ una cosa che ho iniziato a fare per me: io amo molto la musica, è una cosa che facevo per me, mi rilassava, mi faceva proprio entrare.. Però a poco a poco ho capito che serviva anche ai ragazzi. Quando entravano in piattaforma e trovavano la musica, questo li faceva sentire accolti, era come creare un ambiente in cui appunto ritrovarsi.
Fare scuola con le famiglie
&. “Ho fatto questi ultimi mesi in DAD, volente o nolente. Quest’anno ho insegnato in una seconda alle primarie, con bambini e bambine di un’età ancora in cui è molto difficile essere autonomi di fronte alla tecnologia, per cui ho fatto esperienza di insegnamento insieme a tutte le famiglie: avevo il nonno, la nonna, la mamma, il papà, bambini lasciati anche da soli a volte.
§. Io non ho avuto a che fare con i nonni e con le nonne, ma vedevo i genitori passare, i fratellini a volte ancora dormire o le mamme che cucinavano.
{}. Come mamma di una bambina di 4 anni che frequenta la scuola dell’infanzia ho molto apprezzato che le insegnanti abbiano scelto di fare una videochiamata la settimana, che era carica di significato. Forse più che con gli altri bimbi e le altre bimbe, ha creato tanta relazione con le insegnanti. Relazione che paradossalmente prima non c’era, non era così densa, non era così reciproca. E anche tra genitori.
Intessere relazioni
§. Ma noi ci siamo già conosciute?
#. Forse alla presentazione del libro “La mente malata?”
@. Le amicizie che nascono on-line, ci si conosce in un webinar e ci si rivede a un workshop. Ci si ritrova.
§. Ho fatto gli Esami di Stato che sono finiti da qualche giorno, e una delle domande di rito che ci è stato chiesto di fare era come avessero vissuto la DAD. E una delle cose che i ragazzi hanno detto, tutti, è che è mancata loro la relazione con i compagni, la corporeità, cioè l’abbraccio dei compagni, il fatto di poter stare con.
{}. Mi sono venuti i brividi, però pensavo -io ho fatto tanti laboratori nelle SSPG centrati sull’utilizzo safe-sicuro dell’utilizzo della rete e sulla costruzione dell’immagine di sé- e quello che dicevamo agli insegnanti e agli adulti era “i ragazzi usano tanto la rete, ma questo non vuol dire che non cerchino una relazione anche corporea e incarnata con i compagni e le compagne.” E al contempo la relazione nello spazio della rete è importante e significativa perché è privata -come diceva prima Arianna- è tra di loro, riescono a prendersi lo spazio per l’autonomia. Questo non vuol dire che tre mesi solo online piacciano, anzi non si vedeva l’ora di fuggire.
#. Rispetto alla differenza tra aspetto formativo e relazionale, anche confrontandomi con una collega educatrice di sostegno mi parlava proprio di un senso di inefficacia dal punto di vista formativo, ma di una rapidità di relazione positiva coi bambini che seguiva, davvero coinvolgente.
{}. Quanto lavoro che abbiamo fatto in questi mesi! Mi chiedo che cosa vogliamo portarci di tutto questo come eredità, rispetto alle pratiche future. A me piacerebbe che questa attenzione alle relazioni, alla rete tra famiglia e scuola, e tra genitori si mantenesse. Uno scambio, una collaborazione e un dialogo tra tutte e tutti.
Micropratiche e strategie
Favorire l’accesso e la partecipazione di tutte e tutti
&. Noi alla primaria abbiamo mantenuto un progetto di alfabetizzazione, per bambine e bambini di seconda generazione. Attraverso la DAD. Vi lascio immaginare la difficoltà di fare questo ulteriore passaggio, con lingue diverse, bambini e bambine lasciati senza socializzazione con i compagni , con i pari, e dunque una regressione anche da un punto di vista linguistico per quanto riguarda i bambini di famiglie provenienti da altri paesi. E’ stato necessario ma complesso.
{}. Io come mamma mi sono ritrovata ad aiutare altre famiglie che magari come diceva prima Arianna non avevano i dispositivi per accedere o le competenze o non padroneggiano la lingua per capire che cosa la scuola stesse chiedendo. E così ho fatto altre videochiamate di supporto, quasi di videotutorial, per fare in modo che tutte e tutti riuscissimo a partecipare alle attività di classe on-line.
&. La frustrazione è stata grande, soprattutto di non riuscire a raggiungerli tutti. Nonostante la scuola si sia attivata per dare in comodato d’uso la tecnologia quasi subito. E’ stata una scuola che da questo punto di vista è stata virtuosa.
Ritualità e acquisizione di competenze
#. Come pratica: io sto pensando dei progetti per le scuole in relazione alla Legge sull’Educazione Civica, dove c’è proprio una parte dedicata all’educazione alla Cittadinanza Digitale dove si dice che centrale sarà l’attenzione a dare delle competenze sull’uso del digitale. E questo per me è importante, se ne parlava anche prima quando si parlava dell’utilizzo strategico e consapevole. E’ una sfida entrare nelle scuole e trasmettere un’idea di formazione anziché di informazione, e mi chiedo con voi come riuscire a far passare dei progetti trasversali in cui si parli di Cittadinanza digitale in termini di competenze e non solo di informazioni?
&. A differenza degli adolescenti delle scuole superiori i bambini non hanno molti filtri di fronte al video, e dunque c’è anche un vivere l’approccio virtuale in maniera molto diversa. C’è una spontaneità di molti, che continuano a fare quello che farebbero in presenza senza avere il problema di rispecchiarsi, c’è chi passava il tempo a guardarsi, le prime meet servivano a prendere le misure “ma quella lì sono io? quella lì nel video? gli altri come li vedo? e le case? e le cose che appaiono nell’inquadratura?” Per alcuni c’è stato anche un rifiuto, un rifiutare il digitale, un mettersi a piangere quando si avviava la meet.
Quindi diversi modi di affrontare la cosa e diversi modi anche nel tempo. All’inizio erano intimiditi, i bambini in genere non sono silenziosi sono molto rumorosi. E le videolezioni erano tristissime all’inizio, perchè non riuscivano a prendere parola e bisognava chiedere loro di spegnere il microfono. Ecco io ho vissuto questa come la cosa più frustrante.
La cosa fondamentale di essere insegnante quando si è in classe è essere in relazione con le altre e gli altri, in quel momento potevi esserlo ma imparando un rituale nuovo, che è “attendi, accendi dopo che se no il rumore di fondo impedisce anche di ascoltare gli altri” cioè proprio imparare il mezzo dall’A B C. Una volta appreso sono stati più bravi di noi adulti,si sono appassionati a mandare i propri materiali, si videoregistravano, ci hanno preso gusto.
Veicolare qualcosa di caldo
&. I miei tentativi di strategie sono stati di cercare un rituale, per quando la meet iniziava e che andasse poi a ripetersi. Il bisogno di ritualità che avevamo prima in presenza e che cercavamo di riprodurre con bambine e bambini. La ritualità e strategia che ho individuato era veicolare qualcosa di caldo anche se caldo non è il mezzo digitale, raccontandoci piccole cose quotidiane e poi portando il tutto sull’osservazione dell’esterno. Essere chiuse e chiusi in casa era diventata occasione per osservare le cose piccole e quotidiane (la luna, gli alberi, cosa vedo fuori, la crescita della pianta..) e raccontarle agli altre e alle altre, riportando così anche il corporeo e il ricordo corporeo dell’esperienza vissuta.
Coinvolgimento attivo
§. Con i ragazzi grandi come teniamo la relazione? come viviamo la relazione corporea a distanza? c’è un modo una strategia per sentire presenti i miei alunni? è fuor di dubbio che questa DAD è un grande fallimento.
&. E’ una sfida tenere insieme relazione e costruire un senso didattico. Io trovo utile la richiesta di mettersi in gioco, chiedere loro di mettersi in gioco, raccontando i loro saperi perché a volte possono esserci di aiuto nel portare la loro esperienza, le loro competenze di utilizzo. Chiedere loro di essere protagoniste e protagonisti della relazione educativa, non rimanere appiattiti a una lezione frontale. Il contro della DaD è che può rischiare fortemente di cristallizzarsi nella frontalità, cioè di tornare a un tempo in cui “l’insegnante sono io, disattivate il microfono, ascoltatemi guardatemi, ciao fine”. Azzerando lo scambio, la partecipazione, la capacità critica. E’ importante come insegnanti continuare a mettersi in gioco: l’altro ti pone sempre in scacco matto, giustamente, altrimenti non c’è relazione educativa.
Scambi in piccoli gruppi d’interazione
{}. Guardiamo anche a quello che stiamo vivendo in questo momento. Siamo in relazione, in piccolo gruppo e a partire dalle nostre esperienze ci stiamo conoscendo e collaborando. Con tutte le nostre intelligenze e corporeità. Allora forse possiamo farlo anche con ragazze e ragazzi, lavorare in piccoli gruppi, chiedere loro e chiederci “come stiamo” e coinvolgere, chiedere di diventare protagonisti dello scambio, così che lo spazio -virtuale o meno- diventi un luogo che sa parlare di tutte e tutte e a tutti e tutte.
#. Questa cosa del dividersi in stanze e lavorare in piccoli gruppi l’ho trovata molto utile, aumentare le possibilità di relazione e interazione, chiedere di trovare un portavoce e cambiare interlocutori e interlocutrici, permette di creare circolarità e costruisce senso di comunità.
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La forma di questo resoconto sull’esperienza di dialogo a cinque voci diretto da Arianna Mainardi vuole essere un tributo al valore dello scambio e del processo dialogico, attraverso cui abbiamo maneggiato i nostri pensieri e dato corpo al nostro incontro. E vuole essere una citazione e un ringraziamento al lavorio de Le smagliatrici curatrici della collettanea Smagliature digitali. Corpi, generi e tecnologie, Agenzia X, 2018
Grazie ad Arianna, Daniela, Evelyn e Pina che con me hanno danzato in queste riflessioni.