La stanza numero due del primo incontro di Dialoghi InControLuce ha visto come facilitatrici Silvia e Virginia, e come partecipanti due uomini e una donna.
Un insegnante di un liceo artistico, membro del CIC (centro di informazione e consulenza) e genitore; un’insegnante di scuola primaria e copresidente di SIDES e uno psicologo in contatto con la Scuola interazionista di Padova.
Dopo un breve saluto in fase di apertura i partecipanti si presentano, descrivendo il proprio ruolo, le motivazioni che hanno spinto alla partecipazione e gli aspetti che hanno colpito nel corso del contributo appena concluso dal Professor Iudici.
I ruoli dei tre partecipanti risultano differenti, sia per quanto riguarda la professione, sia per i vissuti riportati nella fase di presentazione; ciò ha permesso la proliferazione di una coralità di voci e che le risposte ai vari interrogativi emersi durante il dialogo nella stanza fossero variegate.
Qual è la cosa che l’ha colpita di più del dialogo precedente rispetto al contributo offerto dal Professor Iudici?
Tale domanda di apertura ha posto l’attenzione degli interlocutori su differenti aspetti emersi nel corso dell’intervento dell’ospite. Il tema della risignificazione esce più volte, così come la rilevanza di utilizzare l’esperienza appena vissuta per promuovere una crescita da parte della comunità.
A seguito di tali ragionamenti l’esigenza che emerge si concretizza nel ripensare lo stesso ruolo di insegnante, partendo da come questo possa aver gestito le interazioni con gli alunni e tutte le sfide che l’emergenza ha generato in ambito scolastico. Gli interlocutori rispetto a questo punto hanno riflettuto sull’importanza di focalizzarsi sulle esigenze dei minori e su cosa sia utile per la loro crescita piuttosto che sulle aspettative di scuola e famiglia.
Strategie e gestione
A fronte di quello che è stato detto, di come è stata gestita l’emergenza come insegnati o genitori, vi vengono in mente delle situazioni in cui vi siete trovati ad agire? Quali strategie avete messo in atto e cosa hanno generato?
A partire da tutte le considerazioni fatte sino a quel momento, emerge la seconda domanda, in modo da permettere che tutto quello toccato o appena accennato potesse prendere una forma concreta, collocando gli interlocutori in un ruolo attivo, nel ruolo di coloro che in fase di emergenza hanno gestito la situazione e hanno generato degli esiti.
Le esperienze riportate, anche in questo caso, sono state differenti: da una parte veniva rimarcata l’assenza di un piano strategico condiviso tra i vari insegnanti, dall’altra l’importanza della creatività e delle competenze digitali, aspetti in alcuni casi tralasciati, ma la cui presenza ha consentito di mantenere l’attenzione e il coinvolgimento in particolare degli alunni più grandi.
Uno dei contributi ha riportato grandi difficoltà legate ad un primo approccio alla tecnologia e a che cosa significasse insegnare e interagire con gli alunni a uno schermo di distanza, questa voce ha consentito di rendere conto di come, partendo da un’iniziale e faticosa fase di ridefinizione di docente, il lavoro poi abbia assunto una nuova forma.
L’insegnante si è trovato a tralasciare in diversi casi il programma ministeriale e piuttosto a dedicarsi alle specifiche esigenze degli alunni utilizzando l’incontro con i ragazzi non tanto per sviscerare contenuti didattici ma per favorire un’occasione di confronto sulle esperienze vissute
Didattica normale vs. anormale
Elemento comune e centrale è la dimensione interattiva, in riferimento al fatto che nelle lezioni sono stati messi da parte i contenuti e si è lavorato piuttosto in termini di risignificazione dell’esperienza.
Rispetto al punto inteso come normalità scolastica, vi è in entrambi i casi l’idea di dover costringere all’interno dello strumento “didattica a distanza” la didattica in presenza senza considerare l’esigenza degli alunni stessi.
A partire da questo contributo il gruppo condivide l’utilità di inventare una didattica a distanza che non può essere una replica rigida della didattica in presenza. Emerge come la dicotomia normalità/anormalità scolastica sia rigida e di come il lavoro utile in fase di emergenza non fosse quello di ripristinare la “normalità” precedente attraverso la DAD (didattica a distanza). Quanto piuttosto quello di configurare la situazione sperimentata come una nuova normalità da imparare a gestire e affrontare.
Pratiche future
Se si dovesse ripresentare in futuro uno scenario simile a quello del lockdown, che costringerebbe la scuola a una nuova didattica a distanza che cosa fareste di diverso, come vorreste fosse gestita?
Partendo delle proprie esperienze i partecipanti condividono come possa essere utile ragionare sullo sviluppo di nuove progettazioni che consentano di gestire situazioni di emergenza.
È rilevante per tutti la possibilità futura di elaborare strategie comuni, di lavorare di squadra, non tralasciando nessun contributo. Rifacendosi alla situazione appena affrontata emerge come molto spesso la modalità di lavorare non presupponeva un lavoro in team, ma iniziative personali da parte di singoli o di gruppi di docenti.
Nel gruppo è emersa la volontà di continuare il dialogo in plenaria riguardo alla questione del lavoro di squadra nell’ambito della DAD, non solo del gruppo docenti, ma anche di genitori, alunni e altre scuole; si aggiunge la perplessità circa i metodi valutativi della didattica a distanza, intesa forzatamente come un riadattamento della didattica in presenza.
Grazie al contributo di Virginia Cecchin, psicologa che si occupa in particolare di interventi in ambito scolastico e di consulenza a docenti e genitoriale, specializzanda presso la Scuola interazionista.