Salta al contenuto
Dialoghi InControLuceDialoghi InControLuce
  • Homepage
  • Chi siamo
    • Dicono di noi
  • Blog
  • Contatti
    • Comunità in dialogo
  • Canale YouTube
  • Articoli
  • approfondimento sul tema
    • La scuola innovativa come interrogativo
    • Agio e Disagio al Tempo del Distanziamento Fisico
    • Distanza, presenza e corporeità
    • La scuola inclusiva e la disabilità
    • Regole imposte o co-costruite?
    • Il dialogo continua…
    • L’educazione, la paura e l’immaginazione.
    • Comunità: Idee e pratiche del fare scuola
  • in dialogo
    • Movimenti culturali
    • Piccoli grandi dialoghi
    • La ricchezza delle differenze
    • Come mettere al centro la relazione?
    • Occorre fare poesia
    • La condivisione come valore aggiunto
    • Nessuno è stonato: note per una scuola che ascolta
    • La corporeità tra i banchi di scuola e le finestre di zoom
    • Dentro la molteplicità dei corpi, e non solo
    • Come tu mi vedi. Sguardi, corpi e relazioni nelle classi a distanza
    • Scuola come laboratorio per una società inclusiva
    • Una scuola inclusiva, tra accoglienza dell’altro e valorizzazione della diversità come risorsa
    • Sbagliando s’impara?
    • Scuole e regole. Co-costruiamo?
    • Regole. Come posso non importele?
    • Regole… Cosa ne facciamo?
    • Le regole a scuola
    • Pratiche: continuiamo a raccontare
    • Comunità: chi ne è responsabile?
  • lavori in corso
    • Retroscena InControLuce
    • Preparativi
    • Saluti!
  • Homepage
  • Chi siamo
    • Dicono di noi
  • Blog
  • Contatti
    • Comunità in dialogo
  • Canale YouTube
  • Resta aggiornato
  • Seguici sui Social e
  • Canale YouTube
Categorie
in dialogo

Scuola come laboratorio per una società inclusiva

  • Autore articolo Di Valentina Manca
  • Data dell'articolo 28 Agosto 2020
  • Nessun commento su Scuola come laboratorio per una società inclusiva

L’inclusione è un gioco di squadra

Siamo una squadra. Abbiamo tutte e tutti un ruolo nella costruzione di una Scuola che possa essere luogo di inclusione.
Questa una delle ultime riflessioni con cui Agata Gulisano ha chiuso la prima parte del Dialogo con Giuliana Fornaro e Federica Marci.
Giochiamo tutte e tutti una parte nella partita per l’inclusività.
Con Camilla, Maria Teresa, Silvia e Nicola ci siamo allora chieste: quale parte abbiamo giocato fin’ora? e cosa possiamo fare a partire dalle posizioni e dai ruoli che ricopriamo?

Coi nostri occhi di studenti e studentesse

Abbiamo ripercorso a ritroso le nostre esperienze, tornando bambine e bambini, ragazze e ragazzi tra i banchi della scuola dell’obbligo. Luoghi che per differenze anagrafiche abbiamo vissuto dall’inizio degli anni Ottanta alla metà dello scorso decennio. E guardando alle nostre storie abbiamo riscoperto esclusivamente esempi di invisibilizzazione delle persone con disabilità, o forme di integrazione che hanno rimarcato le differenze tra noi e loro, sottolineando le loro mancanze, la loro necessità di ricorrere ad ausili, e generando una gerarchizzazione di ruoli. “So che c’erano ma non li ho visti, erano fuori dalla classe”. “A me e altri compagni che andavano molto bene il maestro chiedeva di seguire questa compagna. Sicuramente avevamo una relazione con lei -giocavamo, ci vedevamo..- ma in classe avevamo questo ruolo di insegnanti piccoli per lei. Ricordo lo squilibrio, il peso della disparità”. “Quando ero al liceo c’era un ragazzo con disabilità nell’apprendimento. I modi degli insegnanti hanno fortemente rimarcato le diversità tra noi e lui. Pensandoci ora la gestione non è andata nè verso un’inclusione della diversità nè verso una comprensione di cosa significhi e cosa comporti vivere una disabilità”.

Da uno sguardo abilista a uno sguardo inclusivo

L’essere abili, l’essere capaci risultano quindi pilastri sui quali si sorregge la definizione di “normalità” nella nostra società. E questo risulta evidente nel contesto scolastico. “Un gran lavoro fatto fuori dalla classe tra mappe concettuali e altri strumenti d’apprendimento per essere il più possibile normali in classe”. Un lavoro indirizzato a mettere in scena la normalità.
Cosa cambia se smettiamo di considerare l’abilità come regola e ideale cui tendere, e ci osserviamo considerando norma le differenze ciascuna e ciascuno di noi abita? Quali nuove competenze e capacità possiamo così riscoprire nelle sfumature che ci differenziano? Quali possibilità e spazi di agibilità si possono aprire? 

Progettazione inclusiva

Guardando alle nostre esperienze riconosciamo fondamentale assumere un approccio pedagogico volto alla valorizzazione delle competenze di ognuna e ognuno fin dalla fase della progettazione di ciascun intervento. Immaginare strategie inclusive ancor prima di conoscere le differenze che popoleranno il gruppo classe con cui lavoreremo. Con l’obiettivo di costruire un luogo educativo che accolga le diversità e insegni a valorizzarle. Un approccio che faciliterebbe i processi di crescita e apprendimento di tutte e tutti, e che diverrebbe ancor più importante in presenza di persone con disabilità.

Utilizzo di linguaggi non verbali

Fare progettazione inclusiva può voler dire ad esempio immaginare fin da subito di proporre esperienze didattiche che non prediligano esclusivamente il linguaggio verbale e la lettoscrittura, ma che esplorino l’uso di altri linguaggi, anche corporei, o forme di apprendimento che facilitino le possibilità espressive di tutte e tutti.

Formazione esperienziale

Uscire dall’aula. Cimentarsi nello sperimentare quel che si apprende tra i banchi. Riconoscere come apprendimento anche il mettersi nelle condizioni di provare ed esperire quel che si studia. Valorizzare la bellezza e la creatività dell’inventare altri modi per apprendere e scoprire. Abbiamo rintracciato diverse sperimentazioni in questo senso nel contesto delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Mentre per le Secondarie di secondo grado ci sembra essere ancora privilegiata la forma di lezione frontale, forma che risulta escludente. Non a caso chi lavora nell’area disabilità dei servizi sociali di un comune ha sottolineato come sia in molti casi più urgente e faticoso intervenire “soprattutto per le fasce più alte di scuola, dove la differenza tra il programma di studio, le richieste fatte ai ragazzi e le difficoltà dei ragazzi fanno sì che aumenti il gap e il raccordo con la classe spesso diventa più complicato”.

Educazione alla cura vicendevole

La parentesi di vita che tutte e tutti stiamo vivendo, tra quarantena e convivenza col Covid, dovrebbe aver reso evidente come non siano le persone con fragilità o disabilità a dipendere dagli abili e dalle persone in salute, ma siamo tutte e tutti in stretta interdipendenza. Anche a partire da questa riflessione ci è sembrato sarebbe utile far sperimentare agli alunni anche una maggior cura vicendevole -nei confronti delle persone con disabilità ma non solo-, dare responsabilità a ragazze e ragazzi, farli stare di più in interazione. Il tema di valorizzare le risorse non è solo teoria o retorica, e troverebbe nella cura dell’altro/a una messa in pratica che toglie terreno alla delega di gestione al solo insegnante di sostegno, e costruirebbe rete nella classe. In questo senso ci sembrano utili strategie di lavoro e scambio in piccoli gruppi a geometrie variabili che permettano di costruire alleanze, conoscersi e collaborare. Che consentano a tutte e tutti di sperimentarsi sia nei panni di chi aiuta che nei panni di chi chiede sostegno.

Comunicazione schietta

Quello che manca a volte sembrano essere le parole per dire, per nominare una differenza. La possibilità di chiedere “cosa vuol dire che sei più lento ad apprendere?” “quali difficoltà vivi?” “come posso esserti d’aiuto?”. Una mancanza che crea non detti i cui effetti generano distanza e incomprensione. Mentre ci sembra possa essere utile insegnare a comprendere l’altro per condividere lo stesso spazio e le stesse libertà.

Piccoli passi verso una scuola che sappia essere laboratorio di una società inclusiva.

***

Queste parole sono frutto del Dialogo on-line e di appunti e riflessioni off-line condivise tra me e la dr.a Camilla Girotti, filosofa e laureanda in pedagogia

…Il dialogo continua…

  • Tag abilismo, disabilità, inclusività, scuola, scuola inclusiva

Di Valentina Manca

Formatrice, psicologa scolastica e clinica a Padova. Specializzata in Psicoterapia Interazionista. Socia di APS Epimeleia, centro di formazione, ricerca ed educazione. Si occupa di educazione al genere e alle differenze, promozione della salute, prevenzione e contrasto delle diverse forme di violenza di genere.

Visualizza archivio →

← La scuola inclusiva e la disabilità → Regole imposte o co-costruite?

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Resta aggiornato
  • Seguici sui Social e
  • Canale YouTube
  • Resta aggiornato
  • Seguici sui Social e
  • Canale YouTube

Argomenti

  • approfondimento sul tema (8)
  • in dialogo (19)
  • lavori in corso (3)

Articoli

  • Comunità: Idee e pratiche del fare scuola 19 Luglio 2021
  • Comunità: chi ne è responsabile? 6 Luglio 2021
  • Pratiche: continuiamo a raccontare 29 Giugno 2021
  • L’educazione, la paura e l’immaginazione. 9 Giugno 2021
  • Il dialogo continua… 6 Maggio 2021

Informazioni su questo sito

Questo sito nasce per promuovere riflessioni compartecipate attraverso dialoghi in atmosfera post-moderna.

Come trovarci

Informazioni
info@dialoghincontroluce.it

Seguici sul nostro Canale YouTube

Visita le nostre pagine Social Facebook e Instagram

© 2023 Dialoghi InControLuce

Informativa privacy

Powered by WordPress

All'inizio ↑ Su ↑