Il primo atteso incontro ha preso avvio in un’atmosfera di lieve agitazione da esordio, che è andata via via appianandosi, attraverso il dialogo intrattenuto con il Prof. Antonio Iudici. Sono stati definiti i termini e sottolineate le differenze fra sapere e saper essere, fra nozioni e competenze.
Si è analizzato come nell’ottica sanitaria siano state date prescrizioni per preservare il corpo. Come, invece, non siano state considerate le potenzialità che si generano quando l’intento sia quello di sviluppare modi diversi per stare insieme.
Pensare a percorsi di sviluppo a medio-lungo termine, che permettano di gestire in modo più consapevole le responsabilità nei confronti della salute, sarebbe auspicabile nel contesto attuale.
Le criticità sottolineate riguardano la pratica diffusa di assegnare valore al comportamento singolo, più che al percorso di crescita. Sembrerebbe sensato, invece, il suggerimento di promuovere assetti che prevedano la gestione degli studenti entro il contesto Covid-19 e che comprendano l’idea di potervi convivere.
Questo può svilupparsi attraverso formazione e organizzazione orientate a valorizzare le relazioni con i nostri ragazzi, più che a farli crescere a nostra somiglianza, in una mentalità secondo cui evitare ad ogni costo rischi e esperienze negative sia l’unica possibilità.
Il dialogo nel piccolo gruppo
Spostati virtualmente in una stanza di Zoom, ci siamo trovati a interagire Loredana, Andrea, Camilla e io.
Loredana ha portato la propria esperienza di madre e ha sollevato la criticità della diversa educazione che i bambini ricevono nel seguire le regole di comportamento affidate alle famiglie. Lei fa riferimento in particolare alle pratiche prescritte per il contenimento del virus. Questo la fa propendere verso l’idea che sia la scuola a dover dare un’educazione coerente. Ad allineare le modalità educative discrepanti delle famiglie.
Andrea confessa di non avere ruoli nel contesto scolastico, ma da persona interessata e osservatore esterno si è confrontato con alcuni ragazzi. Ha rilevato una certa chiusura e difficoltà di adattamento soprattutto da parte degli adulti di fronte al cambiamento del modo di fare scuola. Che forse non è cambiato nella sostanza.
Condivide con noi l’idea che non siano state colte le potenzialità dello strumento telematico e che questo sia dovuto soprattutto al modo in cui muta la relazione con gli studenti nello spazio online. Esso, infatti, toglierebbe potere all’insegnante che si rapporti in modo autoritario.
La relazione fra potere e spaesamento
Con opinione diversa si è espressa Camilla, educatrice, la quale ha potuto osservare che lo spaesamento vissuto da entrambe le parti, studenti e insegnanti, per la situazione improvvisa ha prodotto una nuova vicinanza emotiva. La relazione in questo modo sarebbe mutata nel senso di una maggiore empatia e condivisione. Esprime così il buon auspicio che resti memoria di questa vicinanza relazionale.
Evidenzia, invece, alcune criticità legate all’aver dato per scontato che bambini e ragazzi siano, in linea generale, più esperti degli adulti e abbiano una maggiore facilità nell’utilizzo dei mezzi telematici. Nondimeno critica è stata, a suo avviso, la difficoltà della didattica a distanza di raggiungere tutte le famiglie.
Ci siamo lasciati con la speranza di Andrea che vengano sviluppate le possibilità di apprendimento attraverso gli strumenti telematici, anche in presenza, e promosso lo sviluppo dell’autonomia dei ragazzi.
Camilla, invece, ci lascia con una domanda suggestiva: come si colgono e valorizzano le differenze fra le persone nella scuola online?
Le restituzioni
Al rientro nella stanza principale un/a portavoce per gruppo ha esposto per sommi capi i punti salienti delle riflessioni, condividendole con l’auditorio allargato. Diverse le questioni sollevate cui è stato dato rilievo puntualmente dal Professore in un commento finale, che ha chiuso l’incontro. Molto è ancora da dire e il dialogo continua.