Durante la suddivisione nei piccoli gruppi Giampiero Monaca ci continua a raccontare le sue pratiche del “fare scuola”.
Tali pratiche vengono diversificante anche in relazione al contesto a cui fanno riferimento:
- Scuola pubblica di città, in cui gli insegnanti che volgono attenzione alla comunità sono l’eccezione.
- Scuola pubblica di campagna, come se fosse una scuola sperimentale gestita dagli insegnanti, in cui tutto è già strutturato per essere comunità e i genitori sono d’accordo con le modalità educative.
Le pratiche nella scuola pubblica di città
In questo contesto Monaca ci ha raccontato una pratica di condivisione con i ragazzi, partendo da una loro richiesta: “È proprio vero che si sta meglio condividendo come facevano i neolitici?”
“Abbiamo deciso con i ragazzi di fare questo esperimento in classe e che dal giorno seguente tutto il materiale didattico sarebbe stato condiviso. Allora abbiamo scritto un avviso, sul diario, per i genitori in cui dicevamo che da domani non dovevano più portare l’astuccio ma un sacchettino con le penne e i colori che volevano mettere a disposizione di tutti. Tutti i bambini portarono questo sacchettino, ma alcuni avevano portato le biro rotte o i pennarelli asciutti (per scelta della famiglia).
Giampiero Monaca
Le comunità di studenti e insegnanti erano d’accordo. Quei genitori che non lo erano si stavano tirando fuori formalmente dalla comunità.
Abbiamo comunque perseguito l’obiettivo che ci interessava, comprando noi il materiale e facendolo passare come un atto magico di benevolenza da parte di una persona esterna (per non etichettare i genitori che non erano d’accordo).”
Le pratiche nella scuola pubblica di campagna
All’interno di questa scuola Giampiero Monaca ci racconta di numerose pratiche:
- Creare un ambiente relazionale in cui si considera “come stiamo tra di noi” attraverso alcune attività, quali il gioco delle coccole (in cui i bambini si mettono in cerchio e si passano un massaggio).
- Realizzare un ambiente architettonico, ossia attrezzare gli spazi della scuola in modo che siano educativi, a prescindere dall’insegnante e dagli spazi esterni utilizzati (servatici: boschi, prati).
- Creare una interazione tra le comunità esterne e quelle interne alla scuola. Tale pratica può essere svolta attraverso due modalità:
- Portando la comunità esterna dentro la scuola, ad esempio i bambini dialogano con una persona esperta su un certo tema;
- Portando la scuola nelle comunità esterne, ad esempio facendo esprimere le idee dei bambini ad un pubblico su un determinato tema.
- Creare comunità tra i ruoli esterni alla scuola, attraverso l’attività pubblica effettuata sia dagli insegnanti che dai ragazzi (incentivati a farlo).
Cosa intendiamo per comunità partecipativa?
“Per noi la comunità adulta esiste ma il centro sono i bambini. Quindi si fa comunità con chi vuol fare comunità: se vuoi confrontarti ben venga, ma se non vi è un confronto non gli si chiede di partecipare. Cerchiamo così di evitare il rischio di uno scontro o di un lavoro disfunzionale.”
Giampiero Monca
“Siccome esistono diverse comunità, fare comunità significa anche aiutare le persone ad entrare o uscire dalla comunità, per permettere a chi partecipa di avvicinarsi alla comunità che più gli appartiene.”
Emilio Ruffolo