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Comunità: Idee e pratiche del fare scuola

Pratiche del fare comunità

A fronte dell’esistenza di diverse comunità e della loro conflittualità fare comunità non sempre si rivela una cosa spontanea. E allora, come si fa?

I nostri ospiti hanno condiviso con noi le loro pratiche:

“Tutto nel nostro progetto è vita di comunità: gli spazi, gli ambienti, le relazioni sono tutte basate sul sentirsi gruppo. Non c’è nulla di personale: il materiale didattico è in comune, non ci sono cattedre, i banchi sono tutti -o quasi- tavoloni da lavoro collettivi, ci sono alcune corvée di servizio (rassettare, fare la punta alle matite, declamare il menù la mattina). C’è una introduzione dei bambini, come fossero delle verdure dentro al pentolone del minestrone: tutti sanno di essere ingredienti fondamentali per dare sapore a questa zuppa. Di questa comunità fanno parte i bambini, i genitori, gli insegnanti, gli educatori, ragazzi migranti, la comunità locale. Prima del covid, gli adulti (in particolare genitori e insegnanti che volevano partecipare) si incontravano tra loro, con la facilitazione di una educatrice. In questo gruppo si cercava di diventare adulti migliori per allevare ed educare i bambini, aiutandosi e confrontandosi gli uni con gli altri. Le nostre attività di comunità mirano a far sì che ognuno/a riconosca in cosa è bravo o brava per potersi mettere a disposizione del resto della comunità così da renderla migliore.
Un altro strumento che noi utilizziamo è il muro con le frasi migliori, in cui i bambini scrivono le frasi che gli vengono in mente. Una di queste è: “Ognuno è prezioso per fare qualcosa, ognuno è capace a fare la pace.”

Giampiero

“Quello che cerco di fare è smantellare le relazioni di potere all’interno dell’aula per poter ricostruire altri tipi di relazioni. Come si fa?
In DAD ho chiesto di decidere quando entrare in aula, quando fare la pausa (cosa non scontata perché in teoria abbiamo degli obblighi), poi ho rispettato la loro decisione. Ho chiesto agli/alle studenti di scegliere i tempi, i modi e i contenuti, discutendo anche questi con loro.  Mostravano difficoltà nel decidere insieme, ma li lasciavo fare da soli perché la libertà costa. Ogni lezione è strutturata in modo che sia metà mia e metà loro per poter fare dei gruppi di dibattito. Era importante includere dei corpi e delle storie che sono sistematicamente occultate all’interno dei curriculum scolastici, per metterli al centro affinché ci sia una ridistribuzione del potere. Ci siamo occupati di migrazione, razionalizzazione, diritti LQBTQI+ all’interno di un paradigma delle relazioni internazionali e sono emersi soggetti autorevoli che generalmente non vengono riconosciuti come tali.”

Mackda

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