Categorie
approfondimento sul tema

L’educazione, la paura e l’immaginazione.

La paura di sbagliare

Anna racconta di Eleonora, una studentessa timida, introversa. “Quando nel corso delle ore di lezione arrivava il suo momenti di parlare, una correzione, un’interrogazione, intorno a lei cresceva nel brusio della classe l’aspettativa dei compagni di classe dei suoi silenzi o dei suoi errori. Lei o taceva oppure quando parlava, costantemente sbagliava, l’errore. 

Sapevo da quanto osservavo e dai dialoghi con i genitori che questa ragazzina ce la metteva tutta: si impegnava a scuola, faceva i compiti a casa. Io mi impegnavo nell’evitare di dimenticarla. Non volevo sottolineare il fatto che non ce la facesse, d’altra parte la scena si ripeteva con disarmante puntualità, sembrava lo facesse apposta.”

L’insegnante, dice Anna, in questi contesti devia verso comportamenti di incitamento:

Su forza dai!

Non ti mangio mica… 

Fallo quando lo vuoi fare.

La studentessa ne risultava ancora più bloccata. L’agire di Anna si è dipanato in 3 momenti:

“Innanzitutto come insegnante mi dovevo mettere nei suoi panni, vivere la sua difficoltà, e dovevo accogliere anche i suoi possibili silenzi. Dovevo fare questa accettazione perché il silenzio e l’errore è qualcosa che il docente non vive bene: “ti ho insegnato, ti ho ripetuto, te l’ho ridetto e tu sbagli ancora!?”. Un passo imprescindibile quanto difficile.

Quindi Anna ha proseguito senza una vera e propria programmazione ma cercando di cogliere di volta in volta il momento più opportuno, in un’azione di normalizzazione dell’errore.

“In classe mentre si correggevano i compiti è arrivato il momento giusto per cui a un suo intervento sbagliato – con i compagni di classe che ridacchiavano – mi è uscito proprio in modo molto naturale: “oh guarda, Eleonora, ti ringrazio! Benissimo Eleonora! Questo tuo errore – non ti sto prendendo in giro, attenta eh! – questo tuo errore mi permette di spiegare meglio una cosa. E poi ti dirò che questo tuo errore è indice di un ragionamento che tu hai fatto, di una scelta che tu hai fatto. Qui in classe vi chiedo di fare tanti errori, soltanto sbagliando, facendo delle ipotesi, soltanto provando si può imparare”.

Anna ha osservato lo sciogliersi della paralisi delle performances di Eleonora. L’ultimo passo, l’ultimo stratagemma, che ha contribuito a cambiare la situazione è il seguente:

“Ero alla lavagna nell’ora di lezione, l’esercizio in cui la classe era impegnata consisteva nel completare in maniera corretta una frase che io scrivevo alla lavagna. Scrivo questa frase e lascio la spazio da completare, mi fermo, mi giro e chiedo: “Eleonora – lei mi guarda irrigidita –  puoi venire alla lavagna?”

Tremebonda si alza, in classe si sa che venire alla lavagna è una impresa ardua per tutti. “Eleonora ti chiedo di completare questa frase mettendo l’elemento – attenta eh – SBA-GLIA-TO.”

Ci scambiamo uno sguardo di intesa. Ci riflette un attimo e completa nel modo sbagliato e poi subito mi dice: “Prof io lo so qual’è quello giusto” e lo dice.

Credo che in quel momento lei abbia avuto la percezione di aver superato l’ostacolo.

Io le stavo chiedendo di sbagliare, le permettevo l’errore.”

Il racconto di Anna mette in luce come quella che chiama la pedagogia dell’errore può generare paura nel docentə quanto negli scolarə. La paura non appartiene quindi a una persona ma al particolare contesto relazionale che si vive, tutti partecipano a realizzarla e quindi è anche vero che tutti possono in qualche modo spegnerla.

L’agire di Anna racconta di un modo non convenzionale per rompere il sigillo di un copione pauroso, mettendo in luce allo stesso tempo la fragilità di un certo modo di fare scuola e di intendere la docenza.

Di Emilio Ruffolo

Emilio Ruffolo, Psicologo Psicoterapeuta ad orientamento Interazionista, lavora in ambito clinico. Collabora al progetto educativo "Le Terre di Castalia" in qualità di referente psicopedagogico nonché al progetto GruppoNASCITA in cui si occupa di promozione della salute in ambito perinatale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *