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Agio e Disagio al Tempo del Distanziamento Fisico

In un suo post intitolato “la scuola SENZA l’edificio scuola” parla di una scuola senza aule fisiche, senza gruppi classe, abitate da maestri riconosciuti nelle loro competenze e legittimati dagli scolari.

La scuola-SENZA-l’edificio-scuola nelle sue pratiche si avvicina ad un’epoca arcaica in cui “si pensava ad alta voce e il dialogo era scambio di pensieri e insieme lunga negoziazione per passare dalle intuizioni a proposizioni condivise”. La scuola-CON-l’edificio-scuola ruota invece attorno al monologo-lezione di un maestro imposto dall’istituzione di fronte a una classe che può solo ascoltare. Descrive la scuola-SENZA-edificio come una scuola senza umiliazione.

Ci vorrebbe chiarire in che modo questa scuola non genera umiliazione e si candida come possibile scuola del futuro?

Umiliante è la conoscenza che consente di obbedire

Quando mi riferivo alla scuola-senza-edificio scuola mi riferivo a tempi lontanissimi, alle origini del dialogo. Nelle prime discussioni, dove si apprendeva facendo e parlando, l’obiettivo era arricchire il logos, costruire conoscenza insieme. Passano i millenni, i secoli e si arriva a un tempo, grosso modo fine settecento, nel quale con la formazione dei concetti di patria moderni nasce il bisogno storicamente determinato, non assoluto, non biologico, di trasmettere alle masse quei saperi che hanno permesso la realizzazione di quella grande costruzione che appare la nazione. Questi saperi non possono essere persi o lasciati solo ai rampolli di poche famiglie. La scuola nasce anche per una seconda ragione: in Inghilterra soprattutto le grandi fabbriche tessili incominciano ad avere bisogno non soltanto di forza lavoro ma di forza lavoro competente in qualcosa. Occorrevano delle scuole nelle quale si apprendesse a leggere, scrivere e gestire i macchinari.

In tutti e due casi la ricerca della conoscenza non è prevista, nasce da sé quando in una classe il bambino Cartesio, Liebniz, Newton staccandosi dagli altri, magari anche deriso, fa altro. La scuola non nasce con l’obiettivo di costruire la conoscenza ma di passare conoscenza. La scuola nasce come luogo nel quale riempire i crani con le conoscenze giuste, riconosciute, legittimate. Quel tipo di conoscenza la chiamo umiliante perché non mi consente di utilizzare la mia mente liberamente. Mi consente solo di obbedire e di avere a che fare con un sapere comandato.

Saperi comandati a studenti che non obbediscono più

Quello che sta accadendo nei nostri anni e mi piace molto, è che i ragazzi divenuti disobbedienti nel senso lato del termine, non vedono più come ovvio obbedire a saperi comandati. Gran parte delle scuola non è però cambiata con i ragazzi. Vi leggo la contraddizione saperi comandati a studenti che non obbediscono più.

Da qui la richiesta di qualcosa di nuovo, una richiesta tacita, inconsapevole, non capita, qualcosa che io ho chiamato insegna-apprendimento. Come se gli studenti chiedessero: perché non posso conoscere e condividere quello che tutti conoscete usando anche le mie richieste e le mie domande?

Penso a una scuola che permette ai ragazzi di dire: “perché accade questo?” e sia obbligata a rispondere a quel perché facendo ricerca insieme!

Tutto questo non è adatto ai gruppi classe, tutto questo richiede un rivolgimento anche economico della scuola, un rapporto insegnante allievo molto diverso. Non posso dire l’uno a uno di Alessandro e Aristotele ovviamente, ma non più l’italiano 30 a 1 e neanche l’europeo avanzato 20 a 1, qualcos’altro! Il che significa pensare ovviamente in maniera utopistica ma senza sogni, diceva Bachelard, non si combina niente. Pensare in maniera utopistica è legittimo.


Nel clima di quella tolleranza prima citata preciso che quanto riportato è immancabilmente, parziale, prospettico ed ha escluso parte dei contenuti generati nella mente dell’incontro.

Nel corso di un incontro infatti danzano, si affastellano e si scontrano numerosi dialoghi. Le stesse domande e risposte possono essere descritte come il prodotto di innumerevoli e talora oscuri dialoghi interiori.

Chi di voi ha partecipato e intende aggiungere contenuti lo può fare nei commenti, chi non ha partecipato e avrebbe voluto può aggiungere domande e considerazioni.

Il dialogo continua…

Di Emilio Ruffolo

Emilio Ruffolo, Psicologo Psicoterapeuta ad orientamento Interazionista, lavora in ambito clinico. Collabora al progetto educativo "Le Terre di Castalia" in qualità di referente psicopedagogico nonché al progetto GruppoNASCITA in cui si occupa di promozione della salute in ambito perinatale.

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